Stampa

 

museosanlorenzoRebecca Spoldi, 2A LSA, ci offre un resoconto della visita che con la classe ha effettuato presso il museo archeologico San Lorenzo di Cremona.

 

Il giorno 22 Gennaio 2019, io e la mia classe siamo andati a visitare il museo archeologico di San Lorenzo, a Cremona. La guida che ci ha accompagnati ci ha presentato la storia dell’edificio nel quale si trova oggi il museo. Fu costruito in epoca romana, come una chiesa cristiana, fu poi rifatta nel IX e nel XI secolo dai monaci Benedettini, i quali si occupavano, oltre al loro quotidiano impiego, della bonifica delle aree paludose del Po.
Nel 1700 un altro ordine monastico, quello degli Olivetani, subentrò ai Benedettini, modificò in parte la chiesa, ma dopo soli diciassette anni l’ordine venne represso durante la rivoluzione francese. Così lo stabile diventò di proprietà del demanio dopo la confisca dei beni durante la rivoluzione. Esso venne usato come magazzino, come rifugio per gli sfollati durante la seconda guerra mondiale e addirittura come palestra per il liceo Aselli fino al 1955; davvero incredibile oggi, pensare che i ragazzi facessero attività fisica in un luogo cosi, privo di riscaldamento e luce elettrica !! Infine nel 2001 sono iniziati i lavori di ristrutturazione per il museo (ultimati nel 2009).
Il museo ospita i reperti archeologici scoperti sotto la nostra città, durante la costruzione del parcheggio di Piazza Marconi.

 

Appena entrati, abbiamo potuto vedere una parte di un capitello appartenente a colonne di epoca romana, di dimensioni notevoli, che molto probabilmente davano accesso ad un luogo pubblico come il teatro o le terme. Sempre riconducibile allo stesso luogo è la metà dell’architrave appartenente ad una porta d’accesso dello stesso luogo pubblico. Questi reperti sono accomunati dallo stesso stile, composito e dalle stesse raffigurazioni. Sono realizzati in marmo e molto realistici. Sono un esempio di arte colta. 
Altri bassorilievi che abbiamo osservato nella cappella adiacente alla sala del museo, sono realizzati in pietra di scarso valore che si sbriciola facilmente e sono esempi, invece, di arte plebea: le figure in questo caso sono stilizzate e poco espressive. 
Ci sono vasi e urne cinerarie che per i più poveri erano realizzate in terracotta (con un metodo chiamato “a salamino”). Solo i più ricchi si potevano permettere urne in ferro o in altre leghe più preziose.
Le pire sulle quali venivano bruciati i corpi dei romani aristocratici, avevano gambe in avorio, decorate con placche d’oro e d’argento che si sono conservate.
Il corredo funebre delle donne più facoltose era costituito da specchi (lastre di leghe che da una parte erano lucide e dall’altra erano decorate), trucchi e profumi.
Le dimensioni dei vasi era in funzione al loro scopo. Le anfore, più grandi, contenevano spesso beni alimentari di scambio, poco preziosi, come olio, vino o farina; i vasi più piccoli contenevano, invece, materiali più pregiati, come gli unguenti e i profumi.
Le grandi anfore, che venivano scaricate dalle navi mercantili, venivano vuotate, ed il contenuto era travasato in anfore più piccole per il trasporto.
Molto spesso venivano riciclate oppure venivano frantumate ed utilizzate per bonificare la aree paludose, oppure il ventre veniva usato talvolta come bara per i bambini più piccoli che morivano spesso prematuramente.
Durante gli scavi sono stati ritrovati anche alcuni resti di Domus romane. Ne possiamo osservare i mosaici pavimentali e murari, proprio all’interno del museo. Della Domus è stata ricostruita una parte del giardino del Ninfeo, uno dei giardini interni della casa da dove si potevano ammirare le fontane ed i giochi d’acqua. La parte circostante il Ninfeo era decorata con bellissimi mosaici colorati che sono costituiti da piccole o medie tessere in marmo o vetro resina, che venivano tagliate a mano, una ad una: per questo motivo non ce ne saranno mai due uguali.
Sono rimasta sorpresa dal fatto che oggetti relativamente piccoli, come bicchieri, vasetti, unguentari o tazze, realizzati con materiali molto delicati, siano potuti arrivare fino a noi in maniera abbastanza integra, dandoci così modo di poter studiare la cultura di millenni di anni fa. Degna di nota è anche la diversità nello stile di vita che c’era tra ceto povero o medio e ceto aristocratico.
L’arte rappresenta molto nettamente questo divario tra le classi sociali. Per i più facoltosi le opere venivano realizzate dagli artisti più illustri e con più esperienza, mentre coloro che disponevano di minor denaro, si potevano permettere artisti di più basso livello e materiali scadenti.
Dal confronto del capitello in stile composito, che rappresenta leoni e foglie d’acanto ed è realizzato in marmo, con la lapide del vice-ufficiale dell’esercito (che probabilmente apparteneva alla classe media) realizzata con una pietra di scarso livello, raffigurante quattro figure stilizzate e dai volti stereotipati, il cui genere si distingue solo dall’acconciatura dei capelli, è evidente la differenza tra le classi sociali e di conseguenza anche la differenza dello stile artistico, quello colto, contrapposto a quello plebeo.
Durante l’epoca romana, la vita era molto dura per tutti.
Le donne dovevano fare tutto da sole, anche le operazioni più faticose venivano compiute a mano. Dovevano, ad esempio, macinare il grano per ricavare la farina, con l’ausilio di una piccola macina, sfruttando la forza delle loro braccia.
Le famiglie più ricche potevano permettersi di tenere la servitù che facesse queste cose per loro, ma le donne più povere erano giornalmente obbligate a svolgere tutto il lavoro, solo con la propria forza.
Io ed i miei compagni speriamo presto di tornare a visitare un museo, perché è molto più divertente fare storia in questo modo. E vedendo le opere ed i resti archeologici con i nostri occhi, è più semplice apprendere e studiare la storia di una popolazione.

sanlorenzo1

sanlorenzo2