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Alessandro Ariazzi, classe 1DLSA, ci offre le sue personali riflessioni sulla testimonianza di Francesco Messori, capitano della Nazionale Amputati di calcio, intervenuto nel monteore del mese di aprile.

onelegSinceramente quando hanno annunciato il monteore di aprile per le classi prime, non mi sarei aspettato che a parlare sarebbe stato un ragazzo proprio come noi, o meglio con qualche hanno in più e con “soltanto una gamba in meno” come lui stesso si è definito. E’ proprio stata questa gamba, che secondo me, ha dato a Francesco la forza e la voglia di vivere che molte persone, magari più fortunate di lui, invece non hanno. Queste spesso danno tutto quello che viene offerto loro dalla vita come qualcosa di scontato, cosa che invece Francesco non ha fatto.
Raccontando la sua storia ci ha fatto capire che per lui questo handicap non è mai stato un problema, un peso da sopportare, ma una spinta per continuare ad andare avanti. Durante tutta la conferenza, se si può chiamare così, Francesco ha continuato a ribadire di essere stato “fortunato” a nascere senza una gamba, a differenza di quelli che l’ hanno persa a causa di un incidente, di una malattia … e con questo “paragone” è stato in grado di farci capire come una sfortuna nella vita si può trasformare all’improvviso in un’enorme fortuna.
Non sono mai stato in grado di vedere le cose da questa prospettiva, ogni cosa brutta che ho visto o che mi è capitata l’ho sempre considerata come un peso da portare in spalla, come un qualcosa che mi impedisse di andare avanti, non sono mai stato in grado di vedere il lato positivo di questo “svantaggio”, finchè non ho sentito parlare Francesco.


Francesco - come tutti i ragazzi - fin da piccolo voleva diventare un giocatore di calcio. Purtroppo però, nonostante fosse solo un bambino, gli hanno impedito di giocare le partite con la propria squadra perché le stampelle erano considerate pericolose per gli altri giocatori. Ciò però non ha impedito a Francesco di portare avanti il suo sogno di giocare a calcio: ha continuato ad allenarsi, pur senza disputare le partite! Gli sforzi e i sacrifici di Francesco e dei suoi genitori sono stati ripagati: ha iniziato ufficialmente a giocare in partite di campionato. Questo però non gli è bastato… Francesco si è spinto oltre finchè circa quattro anni fa ha creato un gruppo su Facebook dedicato proprio al calcio amputati. Aveva sentito parlare che questo sport in altre nazioni esisteva già anche a livelli professionistici. In poco più di un anno e mezzo Francesco è riuscito a creare una squadra che poi ben presto è diventata la nazionale italiana di calcio amputati. Ciò dimostra che nulla nella vita è impossibile, che nessuno si può permettere di strappare ad un bambino o ad un ragazzo un sogno, perché secondo me i sogni sono parte di noi e vanno coltivati ogni giorno della nostra vita senza mai dimenticarli o abbandonarli. Francesco nonostante tutte le difficoltà non si è mai arreso, ha sempre “lottato” per qualcosa in cui credeva veramente finchè un giorno non è diventato capitano della nazionale amputati. La frase che ho citato all’inizio,” soltanto una gamba in meno”, è la frase che Francesco si è fatto tatuare sul collo, per far capire ad ogni persona che lo guarda, che lui vive come tutti noi ironizzando sulla sua sfortuna.
Molto spesso, se non sempre, quando vediamo per strada una persona con un handicap, la fissiamo come se fosse un alieno, ci giriamo dall’altra parte perché ci fa impressione, continuiamo a dire: ”poverino”, tutto ciò perché proviamo compassione. Francesco con la sua storia ci ha voluto far capire proprio questo: non vogliono che proviamo tristezza e compassione per loro, ma felicità e gioia perché un sorriso e un ciao in più dà a tutti coloro che sfortunatamente sono portatori di handicap, una spinta ad andare avanti ogni giorno senza mai arrendersi. Un esempio sono i genitori di Francesco: l’hanno sempre sostenuto, hanno sempre vissuto tutto ciò con tranquillità senza preoccuparsi del domani ma di rendere felice Francesco adesso; hanno inoltre accettato e portato avanti con estremo amore quello che gli è stato dato e offerto in dono. Vorrei concludere dicendo che non bisogna accontentarsi e rassegnarsi quando ci viene impedito qualcosa che ci spetta, ma soprattutto che coltivare i propri sogni, le proprie passioni, i propri pensieri è diritto di tutti e nessuno può impedirlo.

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