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Le impressioni di Camilla Malaggi, 4F

 

973613 10200704980221342 127545130 n“Viaggio della memoria a Strasburgo”, quest’anno è il turno della mia classe, il mio.
Ciò che mi spaventa maggiormente è il campo di Natzweiler-Struthof: luogo di fatica, disperazione, malattia, morte.
Eccomi davanti al cancello, supero il filo spinato e mi trovo immersa in un’atmosfera strana; non voglio camminare come un turista sulle stradine costruite a fatica, sento la necessità di scavare un po’ a fondo nella storia. Cosi le gambe diventano pesanti, gli occhi stanchi, le torrette la guardia e il terreno oltre il filo spinato la salvezza.
Mentre la mia mente è affollata da pensieri di questo tipo, i miei occhi intravedono un patibolo, la corda pende dalla cima della struttura in legno, mossa dal vento leggero; avvertimento: qui non si può fuggire, qua si deve lavorare, sai che morirai, ma prima sei utile.
Proseguo e giungo alla baracca delle prigioni; sembra assurdo vedere prigioni all’interno di un campo di concentramento. Le stanze sono piccole, altre piccolissime, con poche possibilità di cambiare posizione e respirare; devo uscire, mi sento soffocare. Quando vedo gli strumenti con cui molti giovani venivano percossi, scappo letteralmente e mi avvicino alla guida. È un uomo molto simpatico, mi porta sollievo vedere il suo sorriso, lui si è abituato a vedere queste baracche.


Ci fermiamo davanti ad una piccola vallata dove venivano gettate le ceneri dei deportati e, in questo luogo, passiamo un minuto di silenzio in loro memoria.
Dopo la breve pausa ci spostiamo verso l’ultima baracca da visitare, la più pesante psicologicamente. Entro ed è lì, nel centro della stanza, il forno riempito di fiori. Nessun prigioniero l’aveva mai visto, ma tutti ne sentivano gli effetti: acqua calda; questi pensieri mi sconvolgono e decido di uscire e raggiungere i miei amici.
La visita guidata è finita e ora posso passare di nuovo dal cancello dai fili spinati.
Penso di essere molto fortunata per aver avuto la possibilità di fare un salto così nel passato, per essere entrata in un campo di concentramento ed esserne uscita dopo solo un’ora e mezza, per essere diventata anch’io testimone di luoghi e fatti storici che non devono essere ricreati.