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Natalia Bonvicini di 4F ha recensito con questo testo breve, ma significativo, l'incontro del sopravvissuto ai campi di sterminio Boris Pahor con gli studenti di alcune scuole cremonesi. L'incontro, avvenuto il 26 gennaio scorso, fa parte del ciclo di incontri del progetto "Il futuro ha una memoria", a cui partecipa la classe 4F in rappresentanza del nostro liceo. 

 

memoriaÈ molto semplice, la vita di domani dipende da voi-, questo è l’esordio dello sloveno Boris Pahor che il 26 Gennaio scorso ha incontrato gli studenti di Cremona nell’Aula Magna dell’Istituto ITIS TORRIANI. Molti dei presenti compiranno, nel mese di aprile, il Viaggio della Memoria, vedranno il campo di concentramento di Natzweiler Struthof dove lo stesso Pahor è stato prigioniero politico.
Intelligenza, la  lucidità e humor travolgente… non ce lo saremmo certo aspettati da un centenario! Il superstite inizia specificando l’importanza di capire, innanzitutto, che quello che è successo non è stato solo un genocidio di Ebrei. Ricorda infatti, con un velo di tristezza, tutti gli zingari, i testimoni di Geova uccisi alla stregua dei Semiti, i disabili, gli omosessuali, i prigionieri politici.
-Mi accusano di essere antisemitista perché ricordo questa cosa-, continua Pahor sorridendo.
L’incontro va avanti. Non vuole parlare delle “solite” cose, ma, inevitabilmente giunge al racconto della loro situazione. Agghiacciante.

Lui non è in grado di odiare gli uomini. Odia il Nazismo. Odia quell’ideologia che ha fatto tabula rasa dell’uomo e annientato la sua dignità per circa dieci anni.
Pahor sottolinea la grandezza e il valore dei giovani parlando di quando gli fu rivolta la domanda: -Come si può fare a rendere noti quei campi di cui non si conosce nulla?- . egli afferma di aver risposto che non sia possibile. Per quanto esista la buona volontà, infatti, è impossibile risolvere qualcosa se non si muovono i “grandi” del mondo.
Nessuna compassione, nessuna distinzione ideologica. Solo senso di colpa e inadeguatezza.
Colpa di essere ancora vivo; vivo lui e morti altri.
-Come è stato rientrare alla vita normale?-, chiede una ragazza del Liceo Anguissola. Con sicurezza Pahor risponde che nessuno può rimanerne indenne. –L’io prima e l’io dopo il campo non potranno mai unirsi, però l’amore mi ha aiutato a guarire, la vita si ricrea.-
Stupisce la descrizione della sua innamorata: -Aveva i capelli rossi e altre cose, si intende-. Una sincera risata si solleva nell’aula ma lascia subito spazio ad un’altra domanda.
-Lei pensa si possa ripetere una tale tragedia?-. Pahor non esita un secondo. –Sì-, risponde, -certo, si vede infatti tutti i giorni che ci sono i presupposti perché tutto ciò si ripeta.-
Dichiara che non dire così sarebbe mentire.
Ma andrebbe ancora avanti a raccontare se la professoressa Bottoli, coordinatrice del tutto, non concludesse l’emozionante incontro.
Un minuto di silenzio per tutte le vittime dei campi.