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Valentina Liarda, classe 5D, ci propone il lavoro con il quale ha vinto una delle due borse di studio intitolate a "Riccardo Rinaldi", sul tema “Dall’Abuso sui minori alla violenza sulle donne: combattiamo il silenzio”

 

ballerinaConobbi Clara quando ero al terzo anno di liceo, troppo piccola per comprendere i suoi maturi silenzi, troppo grande per capire i suoi discorsi infantili; nonostante avessimo la stessa età e mano a mano cominciavamo ad instaurare uno splendido rapporto di amicizia, un muro ci divideva: il Segreto, come lo chiamava lei, ciò che la faceva letteralmente andare fuori di testa quando danzava in un teatro, ciò che la faceva urlare e correre a destra e a manca, e quando qualcuno cercava di tenerla ferma, lei si dimenava come un animale selvatico: «No, mi prenderanno!» urlava ogni volta. Tutti erano spaventati dal suo modo di comportarsi in quelle situazioni, tant’è che a poco a poco smisero di farla danzare a teatro, cominciarono ad escluderla tutti, dai compagni di classe al suo gruppo di amici. È così che io mi avvicinai a lei, in un certo senso ho un’affinità con le persone emarginate, e con lei trovai davvero un’amica, una confidente, una sorella. I lunghi capelli biondi erano sempre una rassicurazione per me, ogni volta che ero triste lei c’era, pronta a consolarmi anche con un semplice sorriso. Le mie erano paranoie da sedicenne, e questo cominciai a capirlo solo quando iniziai a parlare dei miei cuori spezzati a Clara, perché ogni volta lei mi sorrideva, guardandomi con quegli occhi verdi: «Vedrai che tutto passa» mi diceva; e lì per lì non capivo, così come non comprendevo il fatto che lei non avesse mai nulla da raccontarmi, mai nulla di cui piangere, mai nulla di cui lamentarsi. Era sempre sorridente, ed un po’ la invidiavo, con quell’invidia senza senso di chi non sa, e di chi non può capire; e nemmeno quel giorno capii, quando trovai la lettera nella cassetta della posta, indirizzata proprio a me.“Cara Anna, scusami per la fretta con cui ti sto scrivendo, e spero tu riesca a decifrare tutto quello che c’è su questo pezzo di carta.


Ho riflettuto molto in questi mesi; tutto questo tempo è stato davvero troppo lungo per me e vedermi esclusa da coloro che, una volta, erano i miei migliori amici, mi ha fatta stare molto male, come penso che tu creda, o almeno, immagini. Davanti a te non ho mai versato una lacrima, e forse mi prendevo gioco dei tuoi problemi continuando a sorridere, a dirti che sarebbe andato tutto bene, senza mai parlarti dei miei. La verità è che sono pazza, e che il Segreto, quel Segreto, mi ci ha fatta diventare. Tutt’ora non riesco a parlarne, quasi fatico anche a scriverti perché, come ben sai, per me è un racconto inviolabile, che solo io ed
un’altra persona sappiamo.”Io ed un’altra persona. Chi? Chi è che sa di questo Segreto? Pensavo di essere la migliore amica di Clara, di contare davvero per lei, ma a quel punto, dopo aver letto quelle cinque parole, mi sentii tradita. Lacrime di rabbia cominciarono a scendermi dalle guance, e con gli occhi appannati continuai la lettura.“Non voglio dirti nulla a riguardo, perché non voglio intristirti ancora di più, voglio solo comunicarti che sento che questo non è più il mio posto, mi sento di troppo, oramai non posso più danzare se non in camera, da sola, dove veramente mi sento tranquilla. Ho solo bisogno di solitudine, e di non riconoscere più i luoghi attorno a me, ma ti prometto che tornerò, tornerò solo per te.
Scusa, ora devo proprio andare. Cerca di stare vicino ai miei genitori e consolali al meglio.
Ti voglio bene,
Clara.”Non ci potevo credere, se ne era veramente andata o mi stava solamente mentendo? Corsi fuori dalla mia stanza, indossai il cappotto e mi avviai verso casa sua per capire.
Trovai i genitori di quella che consideravo la mia migliore amica in lacrime; abbracciai sua madre e poi suo padre, senza dirci una parola, e capii all’istante che la lettera era autentica.
Non ci stavo capendo più niente, colei che pensavo essere come una sorella, ora era diventata una perfetta sconosciuta, mi sembrava quasi di non sapere più niente di lei.
Stetti in salotto con la sua famiglia per mezz’ora, in silenzio, finché non presi coraggio e chiesi se anche a loro Clara avesse lasciato una lettera, o almeno un bigliettino. «Sì, ecco a te» sua madre mi porse un post-it pasticciato di fretta, esattamente come la lettera lasciata nella mia cassetta della posta: non vi era scritto molto, ma le parole impresse sulla carta erano laceranti. Immaginai la lama conficcarsi nel cuore dei genitori della mia amica alla sola lettura del bigliettino. C’era un indirizzo ed un solo saluto: addio.
Con il comportamento più freddo possibile che potessi mantenere, mi concentrai sull’indirizzo: lo avevo già sentito da qualche parte, potevo benissimo raggiungerlo in bici.
E così feci, salutando la famiglia di Clara, presi la bici ed andai nel luogo che diceva il biglietto. Non fui sorpresa nel trovarmi davanti un teatro, un teatro familiare alla mia vista.Il teatro dell’ultimo, perfetto spettacolo di Clara, quando ancora il Segreto non pesava su di lei. Non sapevo bene cosa aspettarmi oltre quel portone, e a dire la verità non volevo neanche entrarci, perché avevo un brutto presentimento.
Varcai la soglia dell’edificio e subito fui accolta da una musica già sentita più e più volte, una delle melodie di Bach che Clara preferiva; mi feci accompagnare dalle note musicali che a mano a mano diventavano sempre più inquietanti per il contesto che stavano contornando, ed andai istintivamente verso il palco.
Trovai l’inaspettato, inaspettato specialmente per una ragazzina di sedici anni che ha totalmente bisogno di una persona a cui dire tutto, sulla cui spalla piangere, con cui ridere insieme.
La mia persona era scomparsa per sempre, perché lì, sul freddo legno del palcoscenico, giaceva il corpo di Clara con i polsi tagliati, e l’odore di sangue cosparso per tutta l’aria. Ricordo molto poco di quella giornata, da quell’istante in poi; è come se tutto fosse diventato estraneo al mio corpo, ai miei occhi, alle mie orecchie.
Le mie guance sanno quante lacrime ho versato in quel momento, ma è come se io non lo sapessi, perché non sentivo più la me stessa fisica, sentivo solamente il bisogno di andarmene da lì. Non percepii nemmeno la carta sotto alle mie dita quando, in quella pozzanghera di sangue, presi in mano l’ennesima lettera lasciata da Clara. La lessi, la lessi parecchie volte ma non riuscii a ricordare una sola parola, tutt’ora non ci riesco, perché tutto fa troppo male ed il mio cervello non ne vuole sapere di capire.“Questa lettera non ha un destinatario, questa lettera è rivolta a tutte le ragazze nella mia situazione, a tutte le ragazze in silenzio, a coloro che hanno paura, a coloro che oramai hanno perso la speranza.
Questa lettera in un certo senso è indirizzata anche alla me di un tempo, alla me prima di venire violentata in modo così brutale quella notte, dopo il miglior spettacolo della mia vita.
Sono passati mesi da quell’accaduto, mesi di silenzio in cui sono cresciuta nell’ombra, sono stata delusa dai miei amici, sono stata fraintesa dalla mia stessa ragione di vita: la danza. Da quella notte non sono più stata la stessa, e voi tutti non siete riusciti, giustamente, a capirlo. Il mio silenzio era piano piano diventato routine, la mia pazzia normalità.
Ma qualcosa mi ha tenuta legata alle persone a cui volevo bene: la consapevolezza che tutto ciò che accade nella vita di un’adolescente non è nulla in confronto agli abusi, e al silenzio che essi comportano la maggior parte delle volte. Quasi nessuno riesce a parlarne, ed io stessa definivo tutto ciò il mio Segreto, perché ogni volta che cercavo di spiegare a qualcuno cos’avessi provato in quegli istanti, il mio cervello saltava come una molla perché si rifiutava di voler ricordare.
Ed ora sto scrivendo tutto questo mentre il sangue sta gocciolando dai miei polsi, mentre la vita mi sta lentamente abbandonando, perché ho capito che non posso vivere con un segreto così grande, e non posso nascondere la mia esperienza mentre muoio. Voglio che tutti capiscano che lottare è la chiave della grande cassaforte che tiene protetti coloro che abusano, e che per aprire questa cassaforte c’è bisogno solamente di mettere insieme le parole, al momento giusto e davanti alla persona giusta, che sia vostra madre, o la vostra migliore amica, o vostro fratello.
Voglio che, anche se non sono riuscita a rispettare ciò che io stessa dico, tutti sappiano le mie ultime parole, e che tutto questo non sia accaduto invano.
Io ho sbagliato, ed anche in ciò che ho fatto qualche minuto fa ho errato, e voi che cosa avete intenzione di fare? Il silenzio non è mai una soluzione, lo capiamo tutti i giorni a scuola quando veniamo interrogati, lo capiamo quando, arrabbiati, non rispondiamo ai nostri genitori.
E l’ho capito anche in questo caso. Il silenzio non porta a niente. Il silenzio porta solo all’autodistruzione.”